LA PRIGIONE DI LUTERO
dal “LUTERO” di John Osborne
(traduzione di Elio Nissim)
Adattamento e regia di Davide Sbrogiò
con Davide Sbrogiò e Lorenzo Falletti
Musiche di Alessandro Sbrogiò
1517, Martin Lutero, frate agostiniano, vive ritirato nella sua cella del convento di Wittenbergh tra tormenti mistici, visioni e dolori fisici. Poco tempo prima aveva affisso alla porta del castello della città tedesca le sue 95 tesi, in cui criticava la prassi della vendita delle indulgenze e il ruolo delle autorità ecclesiastiche, in particolare del Papa, suscitando un clamoroso scalpore, cambiando per sempre l’assetto spirituale del mondo cristiano e aprendo la strada a quella che passerà alla storia come la Riforma Protestante. Un giorno nella sua cella Lutero riceve la visita di frate Giovanni, suo amico, pedagogo, confidente, il quale, pur riconoscendo la statura teologica del suo interlocutore, cerca di convincerlo a ritrattare le sue argomentazioni, pena la possibilità di essere scomunicato o addirittura condannato a morte dalle autorità ecclesiastiche.
Liberamente tratto dall’opera di John Osborne, il testo è un dialogo, ora pacato, ora veemente, sul modo di concepire il Cristianesimo, sul rapporto del credente con Dio, sull’esatta interpretazione delle Sacre Scritture, sulla necessità di porre fine all’immoralità e alla corruzione dilagante nella Chiesa Cattolica di quel periodo. Da un lato Frate Giovanni, onesto, ma tuttavia timoroso, incapace di schierarsi contro la Chiesa e le sue leggi secolari (per quanto convinto che alcune siano ingiuste) e dall’altro Lutero, il grande riformatore, disgustato dal degrado spirituale di un’istituzione e pertanto deciso, non senza dubbi e umani timori, a compiere quella che sente come una “necessaria missione purificatrice”