Maniaci d’Amore
Il nostro amore schifo
Una Produzione Nidodiragno
Drammaturgia di Francesco d’Amore e Luciana Maniaci
con Francesco d’Amore e Luciana Maniaci
messinscena e luci Roberto Tarasco
tecnica Agostino Nardella
Scheda Artistica
“Il nostro amore schifo” è un’indagine dissacrante sul sentimento intricato della gioventù, sezionato e fatto a pezzi da due figli del nostro tempo, ingenui e spietati. E’ uno spettacolo di parola, una storia di non-amore durata decenni e condensata nel giro di un’ora, tra apici sublimi e biechi deragliamenti, nel tentativo di comporre la guida illustrata della prima esperienza sentimentale, letta come rito di passaggio obbligato prima di consacrarsi alla tiepidezza e alla stabilità dell’età adulta.
Lo spettacolo ha la sua forza nel testo, in questo gioco di compiere una carrellata velocissima su una storia lunga, eloquente e piena di alti e bassi. Ogni scena è un’istantanea della loro parabola. Lo strumento che la scatta è la comicità corrosiva, il lento svelarsi di quell’ironia atroce che è nascosta sotto ogni storia d’amore troppo chiassosa per essere pura.
In scena ci sono solo cinque sedie e un tavolo. E’ sul tavolo che tutto si consuma. Lì Lui lega Lei, appena conosciuta. Ma dell’amplesso c’è solo l’allusione esplicita, perché questi personaggi parlano, più che agire. L’unica vera azione che compiono, sempre dal tavolo, è una patetica dichiarazione d’amore fondata sull’elogio dei reciproci organi interni, immaginati splendidi e puliti, non come quelli della gente comune, perché forse è solo il disprezzo per gli altri che unisce la coppia. In seguito il tavolo sarà il campo su cui si consumerà l’incontro con i genitori di lei, che si lasceranno ingannare dall’aspetto di ragazzo coscienzioso di lui, suscitando l’ira della figlia, che, in fondo, contava sulla loro posizione avversa. Novelli Erika e Omar finiranno per buttare giù tutte le sedie, ammazzare l’esterno per difendere la loro esclusiva simbiosi. Infine dal tavolo Lei guarderà giù contemplando la possibilità che sia possibile fare qualcosa di vero e ineluttabile, anziché parlarne e basta.
Rassegna Stampa
Una folata di novità e freschezza drammaturgica. Uno spettacolo intelligente, divertente e irriverente, cui non mancano momenti grotteschi di un cinismo misto a una comicità che può rinvenirsi in alcuni testi di Ayckbourn o Ionesco. Davvero bravi i due giovani protagonisti. Da quello che ho visto sono nate due stelle. Li rivedremo entrambi quanto prima, statene certi.
Gigi Giacobbe, Hystrio
Il nostro amore schifo è uno spettacolo minuto che indaga i meccanismi della relazione di coppia e che ha nell’essenzialità espressiva la sua forza detonante, come un sibilante cortocircuito che infonde nell’apparente leggerezza il dubbio che si stia parlando di situazioni ben più complesse e sentimenti vittime di derive emozionali. La loro leggerezza, dunque, ha un valore di contrasto e si fa lancinante e astuta, componendo dialoghi amorosi in cui rispecchiare il disamore, come un respiro si specchia nell’asfissia.
Simone Nebbia, Teatro e Critica
Si ride con immediatezza, mentre si intravede, nello svolgersi veloce delle scene, spesso buffe, acide, grottesche, un eccellente lavoro di ammiccamenti colti, una squisita mistura di divertita ferocia e malinconia. In “Il Nostro Amore Schifo” si svelano, con apparente lieve agilità e una brillante spietatezza, i disagi che si vivono in famiglia, le difficoltà affettive, le torture dei ruoli, le sofferenze interne alla coppia. Un testo fresco, denso di un’ironia profonda, concreta, aspra. E bravi davvero i due interpreti.
Valeria Ottolenghi, La Gazzetta di Parma
E’ evidente il tratto letterario nella partitura drammaturgica e l’intenzione scenica di veicolare il testo, la trovata prosaica, il gioco di parole. (…) E fuori dai resoconti concettuali, il lavoro dei due convince per la frizzantezza dell’approccio e della dimestichezza con le pratiche di messa in scena. Per la padronanza nell’intervenire chirurgicamente con la sicurezza del professionista. (…) Stupore per i coup de theatre (ripetuti) nel finale. Intelligenti, di uno spettacolo intelligente.
Emilio Nigro, Il Tamburo di Kattrin
La coppia di interpreti usa gli stereotipi per un incalzante tiro al bersaglio. Sono due stralunati comici, capaci di rimanere sul filo di un’anti-recitazione che strizza l’occhio a certi intellettualismi e si sporca però di piacevoli sonorità dialettali che riportano la relazione su un piano quotidiano. D’altronde è di questo che si occupano, raccontano a modo loro una storia d’amore, con salti lunghi decenni, in una concentrazione degna del teatro sintetico dei futuristi. (…) Sono caratteri, più che personaggi veri e propri, fotografati mentre si lasciano vivere, ma con una tensione e un’ironia da spaesamento che ricorda i personaggi del Nanni Moretti prima maniera.
Andrea Pocosgnich, Teatro e Critica
Di questo piccolo ma arguto lavoro sulla banalità della vita e sulla mancanza di vero senso dei luoghi comuni che ne decidono le traiettorie, colpiscono gli allegri ma continui rimandi alla sconfortante tesi cooperiana della famiglia quale fonte della nevrosi moderna. Se avete visto qualcosa dei migliori Scimone e Sframeli, non potete che osservare come a Il Nostro Amore Schifo (…) non fanno difetto le situazioni e i dialoghi surreali, gli alti ritmi che si alternano a lunghi silenzi, i continui rimbecchi fra i protagonisti, i gesti quotidiani e banali che mettono inquietudine, un certo retrogusto amarognolo, i ribaltamenti di umore e di pensiero, quel sentore di qualcosa d’importante che potrebbe accadere ma forse non accadrà mai.
Antonello Fazio, weboggi
Di notevole interesse (…) Il nostro amore schifo, in cui una coppia un po’ strampalata, che sembrerebbe uscita dalla matita di Peynet, ci trascina, dopo poche battute, in un mondo altrettanto surreale, ma feroce nella sua lucida assurdità (siamo dalle parti di Achille Campanile). In una luce beffarda e grottesca, cui non sono estranei i temi dell’autodistruzione e della morte, emergono e si declinano, le nevrosi, le frustrazioni della sbandata odierna generazione dei ventenni, in cerca di un “ubi consistam affettivo”.
Claudio Facchinetti, persinsala
La Compagnia
I Maniaci d’Amore sono Luciana Maniaci (32 anni, nata a Messina) e Francesco d’Amore (34, Bari). Si conosco alla Scuola Holden di Torino e iniziano a lavorare come compagnia nel 2007, appena scoprono l’alchimia dei loro cognomi.
Il Nostro Amore Schifo (2009), il loro primo lavoro, ha già toccato settanta piazze italiane, tra cui Il Teatro Valle Bene Comune di Roma e il festival Primavera dei Teatri di Castrovillari.
Nel 2009 hanno portato in scena, insieme a Michele Di Mauro e Anita Caprioli un testo teatrale dei fratelli Cohen Quasi una serata, diretto da Marco Ponti, che ha debuttato al Teatro Carignano di Torino.
Sempre nel 2009 hanno curato i testi di Amleto in Palestina, con la regia di Gabriele Vacis, prodotto dall’Eti, cha ha debuttato al Teatro Valle di Roma a Novembre.
Nel 2011 il loro nuovo progetto, Biografia della Peste è entrato nella Selezione del Premio Scenario e ha vinto il Premio di Drammaturgia Il Centro del Discorso, promosso dalle Manifatture Knos di Lecce. Il debutto ufficiale dello spettacolo è stato a Torino al Festival delle Colline.
Con “Omega”, soggetto per un film scritto a sei mani con Fabio Bonfanti sono arrivati in finale al Premio Solinas Idee per il Cinema.
Tra i loro maestri: Arturo Cirillo, Gabriele Vacis, Emma Dante, Barbara Bonriposi, Riccardo Tordoni, Roberto Tarasco, Laura Curino, Francesco Carofiglio, Valerio Binasco, Luca Scarlini, Renato Gabrielli e Francesca Ferri.